Né Oro...Né Incenso...Né Mirra...

 

 

 
Nel nostro paese, che è la Persia,
mago vuol dire sapiente, cioè studioso.
Anche noi avevamo molto studiato,
specialmente sul libro chiamato Avesta.
Le nostre spalle si erano incurvate su quel libro.
Le nostre barbe erano diventate bianche nello studio.
Il libro annunziava la venuta di un "saggio signore o,
di un "vittorioso Liberatore" degli uomini.
Prima di noi, generazioni e generazioni
di sapienti avevano atteso
questo miracoloso personaggio, ma sempre invano.
Ormai eravamo vecchi, e temevamo
di dover chiudere gli occhi senza aver visto il Liberatore.
Guardavamo il cielo, in attesa di un segno
annunziante la sua venuta.
Ed ecco una stella di straordinario splendore
farci segno di seguirla.
Partimmo felici, montati sulle migliori cavalcature,
vestiti riccamente con le corone in testa e i doni in mano.
Non sarebbe stato conveniente presentarsi
a quel gran personaggio senza regali.
Uno di noi
prese una coppa d'oro simbolo di potenza regale,
un altro
prese un'anfora piena d'incenso simbolo d'onore sacerdotale,
l'altro ancora
prese un calice di mirra simbolo di redenzione.
La stella ci faceva da guida.
 Valicammo monti, attraversammo pianure,
guadammo fiumi e incontrammo città,
senza che la stella accennasse a fermarsi.
Giunti a Gerusalemme,
il re Erode fu avvertito del nostro arrivo.
Seppe che cercavamo il Re dei Giudei
e chiese ai suoi sapienti: 
- Dove dicono i libri che deve nascere il Redentore?
Anche gli ebrei avevano un libro chiamato Bibbia,
dove era annunziata la venuta del Salvatore.
Perciò i sapienti risposero al re Erode:
- Betlem sarà la sua culla. -
- Andate a Betlem, - ci disse Erode -
e al ritorno mi narrerete di lui.
Riprendemmo a viaggiare, e la stella viaggiava con noi,
finché non si fermò sopra una povera stalla.
Trovammo il Bambino fasciato
e deposto nella mangiatoia, fra due animali.
Quale abbandono e quanta miseria!
Il Re del mondo giaceva su paglia trita,
senza corte d'attorno e senza onori.
A quella vista, la nostra sapienza si confuse.
Avevamo sperato di trovare un potente Re
in una reggia sfarzosa,
in mezzo a ricchezze e a splendori. 
Vedendo tanta umiltà ci sentimmo umiliati.
Mettemmo fuori i nostri doni:
oro, incenso e mirra.
Il Bambino ci guardò come per accettarli,
ma noi sentimmo che non bastava offrir quei soli doni.
Egli non s'appagava né d'oro né d'incenso né di mirra.
Voleva insieme il nostro cuore,
e lo voleva ripieno di quella ricchezza
che non s'estingue mai,
e che si chiama Amore.
A questo Amore, che si traduce in Carità,
la nostra scienza di vecchi sapienti
non aveva mai pensato.
Ce lo insegnò un bambino,
nato da poco, in una stalla,
con un sorriso che ringiovanì
il nostro vecchissimo cuore.

 

 

 

 

 

 

©La Fata Blu - 2004-2008
Pagina creata il 18 Dicembre 2004